venerdì 19 dicembre 2014

Cani, gatti & co.

Mancano 5 giorni a Natale, devo ancora comprare dei regali, fare la lista della spesa per quello che dovrò portare, anche se sono ospite, mi piace preparare dolci, antipasti o stuzzichini. Finire il pensiero per voi care lettrici e cari lettori che nonostante i miei saltuari abbandoni, non mi lasciate mai. E mi accorgo che le  giornate volano, non si riesce a fermarle, a rallentare le ore che inesorabili scorrono. Ma oggi a parte questa piccola premessa voglio raccontarvi dei miei animali, cani, gatti e cocoriti.
Perchè? Perchè qualche giorno fa un'amica di facebook ha scritto della  tristezza per la perdita del suo fidato e amato cane. Della nostalgia dei suoi sguardi, della mancanza delle sue coccole. E così all'improvviso mi sono venuti in mente tutti gli esserini a quattro zampe o a due con folto piumaggio, che mi hanno fatto compagnia nella mia vita. 
Premetto che il mio desiderio più grande è sempre stato quello di poter fare la veterinaria. Ma ahimè finite le medie sono dovuta "sottostare" al pensiero dei miei genitori. E ho scelto lingue. E poi nella vita ho fatto tutt'altro. 
Così riversavo la mia passione su ogni gatto o cane in difficoltà che  passava da casa mia.
Inizio con due piccoli, piumosi e simpatici pappagalli, Titti e Pedro. Due soggetti a dir poco interessanti. Avrò avuto circa 10 anni, mi ricordo che uscivano dalla gabbia, la tenevo in camera mia, e si posavano sulla scrivania mentre studiavo. Si avvicinavano a me e beccavano dalla mia mano, il maschio Pedro, intrepido pappagallo innamorato si arrampicava sulla mia gamba, subito seguito  dalla sua meravigliosa e timida Titti. Poi un freddo pomeriggio di febbraio, nevicava ,mia madre lasciò aperta la finestra del salone e non si accorse che la gabbietta era aperta. Pedro,  indomito e curioso uscì dalla gabbia e prese il volo. Non lo trovammo mai più. E qualche settimana dopo, morì anche Titti, sicuramente straziata per la solitudine dopo l'abbandono del suo Pedro.
La mia disperazione, per queste perdite, si placò quando un giorno mentre sdraiata sul letto leggendo Topolino  sentii a Radio Reporter l'annuncio di una signora che cercava qualcuno a cui regalare dei gattini. Chiamai mia madre, che era nel suo laboratorio, e le chiesi, pregandola in ginocchio e promettendole ogni cosa, di portarmi a prendere uno di quei gattini. Sapevamo entrambe che la reazione di mio padre non sarebbe stata facile da gestire, ma il giorno dopo Tita (credo in onore di un ex giocatore dell'Inter, almeno questo dovevo concederlo a mio padre) entrò a far parte della vita della mia famiglia. Una gattina nera, occhi verde smeraldo e una macchiolina sulla gola. Una gattina molto snob, delicata, altezzosa e compagna di giochi e avventure. Solitaria ma molto ruffiana. Dopo le prime remore mio padre la accolse, e divenne la sua Tita. Quando rientrava dal lavoro la prima cosa che chiedeva era dove fosse Tita. Questa meravigliosa gattina nera  ci lasciò dopo 19 anni di compagnia, ron ron, assalti a innocenti fidanzati e tenere coccole. 

Tita sui tetti toscani.
Nei diciannove anni di Tita riuscii anche a salvare da un incidente un grosso gattone rosso, lo chiamai Rossone, lo salvai, lo portai dal veterinario e  lo accudii. Naturalmente relegato in cantina. E quando si rimise, una mattina gli portai da mangiare, lui mi guardò, miagolò e senza che io riuscissi a fermarlo scappò. Non lo vidi e trovai mai più. Dopo la morte di Tita convivevo con Marco. Abitavamo a Millepini, una piccoli oasi di pace a sud di Milano. Paradiso di cacciatori. Ed è stato grazie ad un anziano cacciatore ed al suo bellissimo Bretone che convinsi Marco a prendere un cane.
Un sabato mattina ci recammo al canile della mia zona e fu lì che incontrai e mi innamorai di Jack. Un Epagneul Breton che da cinque anni era rinchiuso in canile, perchè nonostante fosse di pura razza aveva paura degli spari. Era sporco, pieno di zecche, malato e con occhi dove il terrore predominava su tutto. Lo portammo a casa, bagno, veterinario e tanta pazienza per curarlo. Un cane di una bontà indescrivibile. Gli feci punture, clisteri, li misi gocce negli occhi, pastiglie in bocca e mai una volta tentò di morsicarmi per il dolore.
Fu il guardiano di Edoardo quando nacque un anno dopo, la mia baby sitter personale che mi avvisava quando Edoardo era sveglio o piangeva o mi chiamava. Mi ricordo la prima volta che lo portai senza il guinzaglio a correre nei campi dietro casa. Fu una gioia immensa vederlo dapprima annusare con cautela tutto in giro e poi iniziò a correre a perdifiato, felice con le su orecchie al vento e con uno sguardo che mi ripagò di tutte le fatiche nel curarlo. Aveva solo un piccolo difetto, quando lo portavamo fuori con il guinzaglio l'indole di cane da caccia saltava fuori all'improvviso e il suo naso iniziava a "lavorare". Mi chiedo come non gli fossero mai venuti i crampi. E a causa di questa indole  strattonava e tirava tantissimo. Parecchie volte ha pericolosamente attentato alla mia vita. Ha "sopportato" anche l'arrivo della piccola peste Beatrice, che piombava all'improvviso su di lui per abbracciarlo e accarezzarlo, e lui mai una volta che avesse mostrato i denti. Paziente e dolce.  Jack dopo tante coccole, tanti sospiri quando Marco occupava il suo posto sul divano, tante corse in montagna, tanti viaggi insieme, tanti sguardi fatti di una riconoscenza che non credo esista negli umani, tante carezze è andato via  un giorno di maggio.

Jack in tutto il suo meraviglioso splendore
E per finire questo post,  dopo anni a pregare il padre per avere un cucciolotto  un anno e mezzo fa, è arrivato nella nostra casa non un cane, ma un gatto, che dire il Gatto Tigro. Un esserino dolce che si sta trasformando in un bel gattone, lunatico, mangione, coccolone quando lo decide e dove vuole lui, un fanatico giocatore di nascondino e un provetto calciatore con gli scarti e le parate quando gioca con la  sua pallina da ping pong. Un cacciatore spietato di cimici, mosche e vespe. Gatto strano che ti guarda dalla scala a testa in giù, che corre all'improvviso come una saetta e poi arriva facendo le fusa. A volte  penso sia la reincarnazione del mio cane. Strano, affamato e sconclusionato come lui.

Innocenza felina
Ah nell'elenco dimenticavo le mie dolci amiche  coccinelle, con le quali giocavo sul balcone costruendogli la casa con una scatola da scarpe e il  letto con foglie e pezzi di stoffa. E quando volavano, giustamente, via  piangevo lacrime di abbandono. 
Credo, anzi ne sono certa,  che la mia vita senza questi meravigliosi personaggi sarebbe stata completamente diversa e non così ricca di tante emozioni.




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